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Fascicolo 129. La successiva vita adulta di Gesù |
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Fascicolo 131. Le religioni del mondo |
130:0.1 IL GIRO del mondo romano assorbì la maggior parte del ventottesimo anno e tutto il ventinovesimo anno della vita terrena di Gesù. Gesù e i due nativi dell’India — Gonod e suo figlio Ganid — lasciarono Gerusalemme domenica mattina, 26 aprile, dell’anno 22 d.C. Essi compirono il loro viaggio secondo il programma previsto, e Gesù diede l’addio al padre e al figlio nella città di Charax sul Golfo Persico il 10 dicembre dell’anno seguente, 23 d.C.
130:0.2 Da Gerusalemme essi andarono a Cesarea passando per Giaffa. A Cesarea presero un battello per Alessandria. Da Alessandria salparono per Lasea a Creta. Da Creta fecero vela per Cartagine, con scalo a Cirene. A Cartagine presero un battello per Napoli, fermandosi a Malta, a Siracusa e a Messina. Da Napoli andarono a Capua, da dove viaggiarono per la Via Appia fino a Roma.
130:0.3 Dopo il loro soggiorno a Roma essi si recarono per via di terra a Taranto, dove presero il mare per Atene in Grecia, fermandosi a Nicopoli e a Corinto. Da Atene andarono ad Efeso per la strada della Troade. Da Efeso fecero vela per Cipro, facendo scalo a Rodi. Trascorsero molto tempo a visitare Cipro ed a riposarvi, e poi s’imbarcarono per Antiochia in Siria. Da Antiochia viaggiarono verso sud fino a Sidone e poi andarono a Damasco. Da là proseguirono per carovana fino in Mesopotamia, passando per Tapsaco e Larissa. Soggiornarono per qualche tempo a Babilonia, visitarono Ur ed altri luoghi, e andarono poi a Susa. Da Susa si recarono a Charax, da dove Gonod e Ganid s’imbarcarono per l’India.
130:0.4 Fu nel corso dei quattro mesi di lavoro a Damasco che Gesù aveva appreso i rudimenti della lingua parlata da Gonod e Ganid. Mentre era là egli aveva lavorato per molto tempo a traduzioni dal greco in una delle lingue dell’India, con l’assistenza di un nativo della regione di provenienza di Gonod.
130:0.5 Durante questo giro attorno al Mediterraneo, Gesù dedicò circa la metà di ogni giorno ad istruire Ganid e a servire da interprete a Gonod nei suoi incontri d’affari e nei suoi contatti sociali. Il resto di ogni giorno, che era a sua disposizione, egli lo dedicava a stabilire quegli stretti contatti personali con i suoi simili, quelle intime associazioni con i mortali del regno che caratterizzarono tanto le sue attività durante questi anni immediatamente precedenti il suo ministero pubblico.
130:0.6 Grazie all’osservazione di prima mano ed al contatto reale, Gesù fece conoscenza con la civiltà materiale ed intellettuale superiore dell’Occidente e del Levante. Da Gonod e dal suo brillante figlio egli apprese molto sulla civiltà e la cultura dell’India e della Cina, perché Gonod, cittadino dell’India, aveva fatto tre grandi viaggi nell’impero della razza gialla.
130:0.7 Ganid, il giovane uomo, imparò molto da Gesù durante questa lunga e stretta associazione. Essi svilupparono un grande affetto l’uno per l’altro, ed il padre del giovane tentò molte volte di persuadere Gesù a ritornare con loro in India, ma Gesù rifiutò sempre, sostenendo la necessità di ritornare dalla sua famiglia in Palestina.
130:1.1 Durante il loro soggiorno a Giaffa, Gesù incontrò Gadia, un interprete filisteo che lavorava per un conciatore di pelli di nome Simone[1]. Gli agenti di Gonod in Mesopotamia avevano trattato molti affari con questo Simone; così Gonod e suo figlio desideravano fargli visita mentre andavano a Cesarea. Durante la sosta a Giaffa, Gesù e Gadia divennero buoni amici. Questo giovane Filisteo era un cercatore di verità. Gesù era un apportatore di verità; egli era la verità per quella generazione su Urantia. Quando un grande cercatore di verità ed un grande apportatore di verità s’incontrano, il risultato è una grande illuminazione rivelatrice nata dall’esperienza della nuova verità.
130:1.2 Un giorno, dopo il pasto della sera, Gesù ed il giovane Filisteo passeggiavano in riva al mare, e Gadia, non sapendo che questo “Scriba di Damasco” fosse così ben versato nelle tradizioni ebraiche, mostrò a Gesù il luogo dal quale si riteneva che Giona si fosse imbarcato per il suo fatale viaggio a Tarsis[2]. Quando ebbe terminato le sue osservazioni, egli pose a Gesù questa domanda: “Ma credi tu che il grosso pesce abbia veramente inghiottito Giona?” Gesù percepì che la vita di questo giovane era stata enormemente influenzata da questa tradizione e che le sue riflessioni avevano impresso in lui la follia di tentare di sfuggire al suo dovere; di conseguenza Gesù non disse nulla che potesse distruggere bruscamente i fondamenti della motivazione presente di Gadia per la vita pratica[3]. In risposta a questa domanda Gesù disse: “Amico mio, noi siamo tutti dei Giona con una vita da vivere in accordo con la volontà di Dio, ed ogni volta che cerchiamo di sfuggire al dovere presente della vita per correre verso allettamenti lontani, ci poniamo con ciò sotto il controllo immediato di quelle influenze che non sono dirette dai poteri della verità e dalle forze della rettitudine. Fuggire dal proprio dovere è sacrificare la verità. Fuggire dal servizio della luce e della vita può solo portare a quei conflitti angosciosi con i terribili giganti dell’egoismo che conducono alla fine alle tenebre e alla morte, a meno che questi Giona che hanno abbandonato Dio non vogliano rivolgere il loro cuore, anche al colmo della disperazione, alla ricerca di Dio e della sua bontà. E quando queste anime disperate cercano sinceramente Dio — hanno fame di verità e sete di rettitudine — non c’è niente che possa tenerle ancora imprigionate. Per quanto profondi siano gli abissi in cui possono essere caduti, quando essi cercano la luce con tutto il loro cuore, lo spirito del Signore Dio del cielo li libererà dalla loro prigionia; le circostanze negative della vita li spingeranno sulla terraferma di nuove occasioni per un servizio rinnovato ed una vita più saggia.”
130:1.3 Gadia fu fortemente scosso dall’insegnamento di Gesù. Essi conversarono fino a notte inoltrata in riva al mare, e prima di rientrare ai loro alloggi pregarono insieme l’uno per l’altro. Questo era lo stesso Gadia che ascoltò la predicazione successiva di Pietro, divenne un profondo credente in Gesù di Nazaret, ed ebbe una sera una memorabile discussione con Pietro a casa di Dorcas[4]. E Gadia contribuì molto alla decisione finale di Simone, il ricco mercante di pelli, di abbracciare il Cristianesimo[5].
130:1.4 (In questa narrazione del lavoro personale di Gesù con i suoi simili mortali durante questo giro del Mediterraneo, in conformità all’autorizzazione ricevuta noi tradurremo liberamente le sue parole nella terminologia moderna correntemente impiegata su Urantia al momento di questa presentazione.)
130:1.5 L’ultimo incontro di Gesù con Gadia li portò a discutere sul bene e sul male. Questo giovane Filisteo era molto turbato da un sentimento d’ingiustizia dovuto alla presenza del male nel mondo a fianco del bene. Egli disse: “Come può Dio, se è infinitamente buono, permettere che noi soffriamo le pene del male; dopotutto, chi crea il male?” In quest’epoca molta gente credeva ancora che Dio creasse sia il bene che il male, ma Gesù non insegnò mai un tale errore. In risposta a questa domanda Gesù disse: “Fratello mio, Dio è amore; perciò deve essere buono, e la sua bontà è così grande e reale che non può contenere le cose meschine ed irreali del male. Dio è così positivamente buono che non c’è assolutamente posto in lui per il male negativo. Il male è la scelta immatura ed il passo falso irriflessivo di coloro che resistono alla bontà, che respingono la bellezza e che tradiscono la verità. Il male è solo il cattivo adattamento dell’immaturità o l’influenza disgregante e deformante dell’ignoranza. Il male è l’inevitabile oscurità che segue da vicino l’incauto rifiuto della luce. Il male è ciò che è oscuro e falso e che, quando è coscientemente abbracciato e volontariamente approvato, diviene peccato.[6]
130:1.6 “Tuo Padre che è nei cieli, dotandoti del potere di scegliere tra la verità e l’errore, ha creato il potenziale negativo della via positiva della luce e della vita; ma questi errori del male sono in realtà inesistenti fino a quando una creatura intelligente non decreta la loro esistenza con l’errata scelta del suo modo di vivere. E questi mali sono poi elevati a peccato dalla scelta cosciente e deliberata di una tale creatura ostinata e ribelle. Per questo nostro Padre celeste permette al bene ed al male di procedere insieme sino alla fine della vita, allo stesso modo che la natura permette al grano e alla zizzania di crescere fianco a fianco sino alla mietitura[7].” Gadia fu pienamente soddisfatto della risposta di Gesù alla sua domanda dopo che la loro discussione successiva ebbe chiarito alla sua mente il significato reale di queste importanti affermazioni.
130:2.1 Gesù ed i suoi amici si fermarono a Cesarea oltre il tempo previsto perché si scoprì che uno degli enormi remi-timone del vascello sul quale intendevano imbarcarsi minacciava di rompersi. Il capitano decise di restare in porto mentre ne veniva preparato uno nuovo. C’era penuria di carpentieri esperti per questo lavoro, così Gesù offrì spontaneamente il suo aiuto. Di sera Gesù ed i suoi amici gironzolavano lungo i bei muraglioni che servivano da passeggiata attorno al porto. Ganid s’interessò molto alla spiegazione di Gesù sul sistema idrico della città e sulla tecnica con la quale le maree erano utilizzate per pulire le strade e le fognature della città. Questo giovane Indiano fu molto impressionato dal tempio di Augusto situato su un’altura e sormontato da una colossale statua dell’imperatore romano. Il secondo pomeriggio del loro soggiorno assisterono tutti e tre ad uno spettacolo nell’enorme anfiteatro che poteva contenere ventimila persone sedute, e la stessa sera si recarono a teatro per assistere ad una rappresentazione greca. Questi erano i primi spettacoli di tal genere ai quali Ganid avesse mai assistito, e pose a Gesù numerose domande al loro riguardo. Al mattino del terzo giorno essi fecero una visita ufficiale al palazzo del governatore, perché Cesarea era la capitale della Palestina e la residenza del procuratore romano.
130:2.2 Alla loro locanda alloggiava anche un mercante proveniente dalla Mongolia, e poiché questo abitante del lontano Oriente parlava abbastanza bene il greco, Gesù ebbe parecchie lunghe conversazioni con lui. Quest’uomo rimase molto impressionato dalla filosofia di vita di Gesù e non dimenticò mai le sue parole di saggezza concernenti “il vivere la vita celeste mentre si è sulla terra sottomet tendosi quotidianamente alla volontà del Padre celeste”. Questo mercante era taoista ed era dunque divenuto un fermo credente nella dottrina di una Deità universale. Quando ritornò in Mongolia egli cominciò ad insegnare queste verità avanzate ai suoi vicini ed ai suoi associati in affari, e queste attività ebbero come risultato diretto di far decidere suo figlio primogenito di divenire un sacerdote taoista. Questo giovane uomo esercitò una grande influenza a favore della verità superiore per tutta la sua vita, e fu seguito da un figlio e da un nipote che furono anch’essi devotamente fedeli alla dottrina del Dio unico — il Sovrano Supremo del Cielo.
130:2.3 Mentre il ramo orientale della Chiesa cristiana primitiva, che aveva il suo centro a Filadelfia, si attenne più fedelmente agli insegnamenti di Gesù rispetto ai confratelli di Gerusalemme, è spiacevole che non ci sia stato nessuno come Pietro per andare in Cina, o come Paolo per entrare in India, dove il terreno spirituale era allora così favorevole per piantare il seme del nuovo vangelo del regno[8]. Questi stessi insegnamenti di Gesù, quali erano mantenuti dai fedeli di Filadelfia, avrebbero fatto altrettanto immediato ed efficace appello alle menti dei popoli asiatici spiritualmente affamati quanto ne fecero le predicazioni di Pietro e di Paolo in Occidente.
130:2.4 Uno dei giovani che lavoravano un giorno con Gesù al remo-timone fu attratto dalle parole che egli lasciava cadere di tanto in tanto mentre faticavano nel cantiere navale. Quando Gesù dichiarò che il Padre celeste s’interessava al benessere dei suoi figli sulla terra, questo giovane Greco di nome Anaxando disse: “Se gli Dei s’interessano a me, perché allora non tolgono il crudele ed ingiusto caposquadra di questo cantiere?” Egli rimase stupefatto quando Gesù replicò: “Poiché tu conosci le vie della bontà ed apprezzi la giustizia, forse gli Dei hanno messo vicino a te quest’uomo sviato perché tu possa guidarlo in questa via migliore. Forse tu sei il sale che deve rendere questo fratello più gradevole a tutti gli altri uomini; ciò almeno se tu non hai perso il tuo sapore. Invero quest’uomo è il tuo padrone poiché i suoi modi cattivi t’influenzano sfavorevolmente. Perché non affermare la tua padronanza sul male grazie al potere della bontà e diventare così il padrone di tutte le relazioni tra voi due? Io affermo che il bene che è in te potrebbe vincere il male che è in lui se tu gli dessi una giusta e forte occasione. Nel corso dell’esistenza mortale non c’è avventura più appassionante della gioia esaltante di divenire il vivente partner materiale dell’energia spirituale e della verità divina in una delle loro lotte trionfali contro l’errore ed il male. È un’esperienza meravigliosa e trasformatrice il diventare il canale vivente della luce spirituale per il mortale che è nelle tenebre spirituali. Se tu sei più benedetto dalla verità rispetto a quest’uomo, il suo bisogno dovrebbe esserti di sfida. Tu non sei sicuramente il codardo che può aspettare sulla riva del mare guardando morire un compagno che non sa nuotare! Quanto più valore ha l’anima di quest’uomo che si dibatte nelle tenebre rispetto al suo corpo che annega nell’acqua!”
130:2.5 Anaxando fu profondamente colpito dalle parole di Gesù. Egli raccontò subito al suo superiore ciò che Gesù aveva detto e quella sera entrambi chiesero consiglio a Gesù per la salute della loro anima. E più tardi, dopo che il messaggio cristiano era stato proclamato a Cesarea, entrambi questi uomini, uno Greco e l’altro Romano, credettero alla predicazione di Filippo e divennero membri influenti della Chiesa che egli fondò[9]. In seguito questo giovane Greco fu nominato intendente di un centurione romano di nome Cornelio, che divenne credente grazie al ministero di Pietro[10]. Anaxando continuò a portare la luce a coloro che erano nelle tenebre fino all’epoca in cui Paolo fu imprigionato a Cesarea, quando morì accidentalmente nel corso del grande massacro di ventimila Ebrei mentre assisteva i sofferenti e i moribondi[11].
130:2.6 Da quel momento Ganid cominciò a capire come il suo precettore occupava il suo tempo libero in questo insolito ministero personale verso i suoi simili, ed il giovane Indiano si accinse a scoprire il motivo di queste incessanti attività. Egli chiese: “Perché t’interessi così continuamente ad incontrare degli stranieri?” E Gesù rispose: “Ganid, nessun uomo è uno straniero per chi conosce Dio. Nell’esperienza di trovare il Padre celeste si scopre che tutti gli uomini sono tuoi fratelli, e sembra strano che si provi gioia ad incontrare un fratello appena scoperto? Fare conoscenza con i propri fratelli e sorelle, conoscere i loro problemi ed imparare ad amarli, è l’esperienza suprema della vita.”
130:2.7 Questo fu un colloquio che si protrasse molto a lungo nella notte e nel corso del quale il giovane chiese a Gesù di spiegargli la differenza tra la volontà di Dio e l’atto mentale umano di scegliere, che è anche chiamato volontà. In sostanza Gesù disse: la volontà di Dio è la via di Dio, l’associazione con la scelta di Dio di fronte ad ogni alternativa potenziale. Di conseguenza, fare la volontà di Dio è l’esperienza progressiva di divenire sempre più simili a Dio, e Dio è la sorgente e il destino di tutto ciò che è buono, bello e vero. La volontà dell’uomo è la via dell’uomo, la somma e la sostanza di ciò che il mortale sceglie di essere e di fare. La volontà è la scelta deliberata di un essere autocosciente che porta ad una decisione-condotta basata sulla riflessione intelligente.
130:2.8 Nel corso di quel pomeriggio Gesù e Ganid si erano entrambi divertiti a giocare con un cane da pastore molto intelligente, e Ganid volle sapere se il cane aveva un’anima, se aveva una volontà, ed in risposta a queste domande Gesù disse: “Il cane ha una mente che può conoscere un uomo materiale, il suo padrone, ma non può conoscere Dio, che è spirito; il cane non possiede dunque una natura spirituale e non può godere di un’esperienza spirituale. Il cane può avere una volontà derivata dalla natura ed accresciuta con l’addestramento, ma questo potere della mente non è una forza spirituale, né è paragonabile alla volontà umana, perché non è riflessivo — non è il risultato della discriminazione di significati superiori e morali o della scelta di valori spirituali ed eterni. È il possesso di questi poteri di discriminazione spirituale e di scelta della verità che fa di un uomo mortale un essere morale, una creatura dotata degli attributi della responsabilità spirituale e del potenziale della sopravvivenza eterna.” Gesù continuò spiegando che è l’assenza di questi poteri mentali nell’animale che rende per sempre impossibile al mondo animale sviluppare un linguaggio nel tempo o sperimentare qualunque cosa di equivalente alla sopravvivenza della personalità nell’eternità. Come risultato dell’insegnamento di questo giorno Ganid non credette mai più nella trasmigrazione delle anime umane nei corpi di animali.
130:2.9 Il giorno seguente Ganid parlò di tutto questo a suo padre, e fu in risposta ad una domanda di Gonod che Gesù spiegò che “le volontà umane che si occupano esclusivamente di prendere delle decisioni temporali riguardanti solamente i problemi materiali dell’esistenza animale sono condannate a perire nel tempo. Coloro che prendono delle decisioni morali sincere e fanno scelte spirituali incondizionate s’identificano così progressivamente con lo spirito interiore e divino, e si trasformano sempre più in valori di sopravvivenza eterna — una progressione senza fine di servizio divino”.
130:2.10 Fu in questo stesso giorno che ascoltammo per la prima volta quella memorabile verità che, espressa in termini moderni, significherebbe: “La volontà è quella manifestazione della mente umana che permette alla coscienza soggettiva di esprimersi oggettivamente e di fare l’esperienza del fenomeno di aspirare ad essere simili a Dio.” Ed è in questo stesso senso che ogni essere umano riflessivo di mente spirituale può divenire creativo.
130:3.1 Il soggiorno a Cesarea era stato denso di avvenimenti, e quando l’imbarcazione fu pronta Gesù ed i suoi due amici partirono un bel giorno a mezzodì per Alessandria d’Egitto.
130:3.2 I tre godettero di una traversata molto piacevole fino ad Alessandria. Ganid era entusiasta del viaggio e subissava Gesù di domande. In prossimità del porto della città il giovane fu molto eccitato dal grande faro di Pharos, situato sull’isola che Alessandro aveva congiunto alla terraferma con un molo, creando così due magnifiche rade che fecero di Alessandria il crocevia commerciale marittimo dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa. Questo grande faro era una delle sette meraviglie del mondo ed il precursore di tutti i fari successivi. Essi si alzarono di buon mattino per visitare questo splendido dispositivo di salvaguardia degli uomini, e fra le esclamazioni di Ganid, Gesù disse: “E tu, figlio mio, sarai simile a questo faro quando ritornerai in India, anche dopo che tuo padre riposerà nella tomba; tu diverrai la luce di vita per coloro che vivono attorno a te nelle tenebre, mostrando a tutti coloro che lo desiderano la via per raggiungere il porto della salvezza in sicurezza.” E Ganid, stringendo la mano a Gesù, gli disse: “Lo farò.”
130:3.3 E rimarchiamo nuovamente che i primi insegnanti della religione cristiana commisero un grave errore quando volsero esclusivamente la loro attenzione verso le civiltà occidentali del mondo romano. Gli insegnamenti di Gesù, quali erano conservati dai credenti mesopotamici del primo secolo, sarebbero stati prontamente accolti dai vari gruppi di persone religiose asiatiche.
130:3.4 Quattro ore dopo essere sbarcati essi erano alloggiati all’estremità est del lungo e grande viale, largo trenta metri e lungo otto chilometri, che andava fino al limite ovest di questa città di un milione di abitanti. Dopo una prima rassegna delle principali attrazioni della città — l’università (museo), la biblioteca, il mausoleo reale di Alessandro, il palazzo, il tempio di Nettuno, il teatro ed il ginnasio — Gonod si dedicò agli affari mentre Gesù e Ganid si recarono alla biblioteca, la più grande del mondo. Qui era riunito quasi un milione di manoscritti provenienti da tutto il mondo civilizzato: Grecia, Roma, Palestina, Partia, India, Cina ed anche dal Giappone. In questa biblioteca Ganid vide la più grande collezione di letteratura indiana del mondo intero; ed essi vi trascorsero un po’ di tempo ogni giorno durante la loro sosta ad Alessandria. Gesù parlò a Ganid della traduzione in greco della Scritture ebraiche fatta in questo luogo. Ed essi analizzarono più volte tutte le religioni del mondo, con Gesù che si sforzava di far risaltare a questa giovane mente la verità contenuta in ciascuna di esse, ed aggiungendo sempre: “Ma Yahweh è il Dio sviluppato dalle rivelazioni di Melchizedek e dal patto di Abramo. Gli Ebrei erano i discendenti di Abramo ed occuparono in seguito il paese nel quale Melchizedek aveva vissuto ed insegnato, e da dove mandò degli insegnanti per il mondo intero. Ed in fin dei conti la loro religione rappresentò un riconoscimento del Signore Dio d’Israele come Padre Universale celeste più chiaro di qualsiasi altra religione del mondo.”
130:3.5 Sotto la direzione di Gesù, Ganid fece una raccolta degli insegnamenti di tutte quelle religioni del mondo che riconoscevano una Deità Universale, anche se ammettevano più o meno delle deità subordinate. Dopo molte discussioni Gesù e Ganid decisero che i Romani non avevano un vero Dio nella loro religione, che la loro religione era poco più del culto dell’imperatore. I Greci, conclusero essi, avevano una filosofia, ma non una religione con un Dio personale. Essi scartarono i culti dei misteri a causa della confusione dovuta alla loro molteplicità e perché questi concetti diversi della Deità sembravano derivare da altre e più antiche religioni.
130:3.6 Sebbene queste traduzioni fossero state fatte ad Alessandria, Ganid mise in ordine definitivamente questi brani scelti e vi aggiunse le sue conclusioni personali solo verso la fine del loro soggiorno a Roma. Egli fu molto sorpreso di scoprire che i migliori autori di letteratura sacra del mondo riconoscevano tutti più o meno chiaramente l’esistenza di un Dio eterno e si trovavano molto d’accordo sulla sua natura e sulla sua relazione con l’uomo mortale.
130:3.7 Gesù e Ganid trascorsero molto tempo al museo durante il loro soggiorno ad Alessandria. Questo museo non era una collezione di oggetti rari, ma piuttosto un’università di belle arti, di scienze e di letteratura. Dotti professori vi tenevano giornalmente delle lezioni ed in quell’epoca questo era il centro intellettuale del mondo occidentale. Giorno dopo giorno Gesù spiegava le lezioni a Ganid. Un giorno, durante la seconda settimana, il giovane esclamò: “Maestro Joshua, tu ne sai più di questi professori; dovresti alzarti e dire loro le grandi cose che hai detto a me; essi sono ottenebrati dal molto pensare. Parlerò a mio padre ed egli organizzerà questa cosa.” Gesù sorrise dicendo: “Tu sei un allievo ammirevole, ma questi insegnanti non accetterebbero che tu ed io li istruissimo. L’orgoglio dell’erudizione non spiritualizzata è una cosa ingannevole nell’esperienza umana. Il vero maestro mantiene la sua integrità intellettuale restando sempre un apprendista.”
130:3.8 Alessandria era la città in cui si mescolava la cultura dell’Occidente e dopo Roma era la città più grande e sfarzosa del mondo. Qui si trovava la più grande sinagoga ebrea del mondo, la sede amministrativa del Sinedrio di Alessandria, i settanta dirigenti anziani.
130:3.9 Tra i molti uomini con cui Gonod trattava affari c’era un certo banchiere ebreo di nome Alessandro il cui fratello, Filone, era un celebre filosofo religioso di quel tempo. Filone era impegnato nel lodevole ma estremamente difficile compito di armonizzare la filosofia greca e la teologia ebraica. Ganid e Gesù parlarono molto degli insegnamenti di Filone e speravano di assistere a qualcuna delle sue lezioni, ma durante il loro soggiorno ad Alessandria questo famoso Ebreo ellenista rimase a letto ammalato.
130:3.10 Gesù fece a Ganid l’elogio della filosofia greca e delle dottrine stoiche, ma fece ben capire al ragazzo la verità che questi sistemi di credenza, come gli insegnamenti indefiniti di certuni del suo popolo, erano religioni solo nel senso che conducevano gli uomini a trovare Dio e a godere di un’esperienza vivente conoscendo l’Eterno.
130:4.1 La sera prima di lasciare Alessandria, Ganid e Gesù ebbero un lungo colloquio con uno dei professori che dirigevano l’università, il quale teneva un corso sugli insegnamenti di Platone. Gesù fece da interprete al colto insegnante greco, ma non inserì alcun insegnamento proprio a confutazione della filosofia greca. Quella sera Gonod era assente per affari; così, dopo che il professore se ne fu andato, il precettore ed il suo allievo ebbero una lunga ed aperta conversazione sulle dottrine di Platone. Anche se Gesù diede una moderata approvazione a certi insegnamenti greci concernenti la teoria che le cose materiali del mondo erano vaghi riflessi delle realtà spirituali invisibili ma più sostanziali, cercò tuttavia di porre una base più degna di fiducia per le riflessioni del giovane; così egli cominciò una lunga dissertazione concernente la natura della realtà nell’universo. In sostanza ed in linguaggio moderno Gesù disse a Ganid:
130:4.2 La sorgente della realtà universale è l’Infinito. Le cose materiali della creazione finita sono le ripercussioni temporali-spaziali dell’Archetipo Paradisiaco e della Mente Universale del Dio eterno. La causalità nel mondo fisico, l’autocoscienza nel mondo intellettuale e l’individualità in progresso nel regno dello spirito — queste realtà proiettate su scala universale, congiunte in relazioni eterne e sperimentate con perfezione di qualità e con divinità di valori — costituiscono la realtà del Supremo. Ma in un universo in continuo cambiamento la Personalità Originale della causalità, dell’intelligenza e dell’esperienza spirituale resta immutabile, assoluta. Tutte le cose, anche in un universo eterno di valori senza limiti e di qualità divine, possono cambiare e molte volte cambiano, ad eccezione degli Assoluti e di ciò che ha raggiunto lo status fisico, l’abbraccio intellettuale o l’identità spirituale assoluti.
130:4.3 Il livello più alto che una creatura finita può raggiungere è il riconoscimento del Padre Universale e la conoscenza del Supremo. Ed anche allora questi esseri con destino di finalitari continuano a sperimentare dei cambiamenti nei movimenti del mondo fisico e nei suoi fenomeni materiali. Essi restano similmente coscienti della progressione della loro individualità nella loro continua ascensione dell’universo spirituale e della loro coscienza crescente nel loro profondo apprezzamento del cosmo intellettuale, ed in risposta ad esso. Solamente nella perfezione, nell’armonia e nell’unanimità della volontà la creatura può divenire una con il Creatore; e questo stato di divinità è raggiunto e mantenuto solo se la creatura continua a vivere nel tempo e nell’eternità conformando costantemente la sua volontà personale finita alla volontà divina del Creatore. Il desiderio di fare la volontà del Padre deve sempre essere supremo nell’anima e dominare la mente di un figlio di Dio ascendente.
130:4.4 Una persona orba non può mai sperare di percepire la profondità di una prospettiva. Né scienziati materialisti orbi o mistici e allegoristi spirituali orbi possono visualizzare correttamente e comprendere adeguatamente le vere profondità della realtà universale. Tutti i veri valori dell’esperienza della creatura sono nascosti nella profondità del riconoscimento.
130:4.5 Una causalità senza mente non può evolvere il raffinato ed il complesso dal rozzo e dal semplice, né l’esperienza senza spiritualità può evolvere i caratteri divini della sopravvivenza eterna dalla mente materiale dei mortali del tempo. L’unico attributo dell’universo che caratterizza così esclusivamente la Deità infinita è questo dono creativo eterno della personalità che può sopravvivere nel raggiungimento progressivo della Deità.
130:4.6 La personalità è quella dotazione cosmica, quella fase della realtà universale, che può coesistere con dei cambiamenti illimitati e allo stesso tempo conservare la sua identità alla presenza stessa di tutti questi cambiamenti, e indefinitamente dopo di essi.
130:4.7 La vita è un adattamento della causalità cosmica originale alle esigenze e alle possibilità delle situazioni universali, e ciò viene all’esistenza attraverso l’azione della Mente Universale e l’attivazione della scintilla spirituale del Dio che è spirito. Il significato della vita è la sua adattabilità; il valore della vita è la sua attitudine a progredire — anche fino alle altezze della coscienza di Dio.
130:4.8 Il cattivo adattamento della vita autocosciente all’universo si traduce in disarmonia cosmica. La divergenza definitiva della volontà della personalità dalla tendenza degli universi porta all’isolamento intellettuale, alla separazione della personalità. La perdita del pilota spirituale interiore sopravviene con la cessazione spirituale dell’esistenza. La vita intelligente e progressiva diviene allora, in se stessa e per se stessa, una prova incontrovertibile dell’esistenza di un universo con un proposito, che esprime la volontà di un Creatore divino. E questa vita, nel suo insieme, lotta per dei valori superiori, avendo per scopo finale il Padre Universale.
130:4.9 A parte i servizi superiori e quasi spirituali dell’intelletto, l’uomo possiede una mente superiore al livello animale soltanto per il suo grado. Perciò gli animali (non avendo né culto né saggezza) non possono sperimentare la supercoscienza, la coscienza della coscienza. La mente animale è cosciente soltanto dell’universo oggettivo.
130:4.10 La conoscenza è la sfera della mente materiale, o mente che discerne i fatti. La verità è il dominio dell’intelletto dotato spiritualmente che è cosciente di conoscere Dio. La conoscenza è dimostrabile; la verità è sperimentata. La conoscenza è un’acquisizione della mente; la verità è un’esperienza dell’anima, dell’io che progredisce. La conoscenza è una funzione del livello non spirituale; la verità è una fase del livello mente-spirito degli universi. L’occhio della mente materiale percepisce un mondo di conoscenza fattuale; l’occhio dell’intelletto spiritualizzato discerne un mondo di valori veri. Queste due visioni, sincronizzate ed armonizzate, rivelano il mondo della realtà, nel quale la saggezza interpreta i fenomeni dell’universo in termini di esperienza personale progressiva.
130:4.11 L’errore (il male) è la penalità dell’imperfezione. Le qualità dell’imperfezione o i fatti del cattivo adattamento si rivelano sul livello materiale per mezzo dell’osservazione critica e dell’analisi scientifica; sul livello morale si rivelano mediante l’esperienza umana. La presenza del male costituisce la prova delle imprecisioni della mente e dell’immaturità dell’io in evoluzione. Il male è dunque anche una misura dell’imperfezione nell’interpretazione universale. La possibilità di commettere errori è inerente all’acquisizione della saggezza, il piano della progressione dal parziale e temporale al completo ed eterno, dal relativo ed imperfetto al finale e perfezionato. L’errore è l’ombra dell’incompletezza relativa che deve necessariamente sbarrare la strada universale dell’ascensione degli uomini verso la perfezione del Paradiso. L’errore (il male) non è una qualità attuale dell’universo; è semplicemente l’osservazione di una relatività nei rapporti dell’imperfezione del finito incompleto con i livelli ascendenti del Supremo e dell’Ultimo.
130:4.12 Benché Gesù avesse esposto tutto ciò al giovane nel linguaggio più appropriato alla sua comprensione, alla fine della discussione Ganid aveva le palpebre pesanti e cadde ben presto nel sonno. L’indomani mattina essi si alzarono di buon’ora per salire a bordo del battello in partenza per Lasea nell’isola di Creta. Ma prima d’imbarcarsi il giovane aveva posto ancora altre domande sul male, alle quali Gesù rispose:
130:4.13 Il male è un concetto di relatività. Esso nasce dall’osservazione delle imperfezioni che appaiono nell’ombra proiettata da un universo finito di cose e di esseri quando tale cosmo oscura la luce vivente dell’espressione universale delle realtà eterne dell’Uno Infinito.
130:4.14 Il male potenziale è insito nella necessaria incompletezza della rivelazione di Dio quale espressione dell’infinità e dell’eternità limitata nel tempo-spazio. Il fatto del parziale in presenza del completo costituisce la relatività della realtà, crea la necessità di una scelta intellettuale e stabilisce dei livelli di valori di riconoscimento e di risposta spirituali. Il concetto incompleto e finito dell’Infinito sostenuto dalla mente temporale e limitata della creatura è, in se stesso e per se stesso, il male potenziale. Ma la crescita dell’errore per mancanza ingiustificata di una rettifica spirituale ragionevole di queste disarmonie intellettuali ed insufficienze spirituali originariamente inerenti è equivalente alla realizzazione del male attuale.
130:4.15 Tutti i concetti statici, sterili, sono potenzialmente il male. L’ombra finita della verità relativa e vivente è continuamente in movimento. I concetti statici ritardano invariabilmente la scienza, la politica, la società e la religione. I concetti statici possono rappresentare una certa conoscenza, ma sono mancanti di saggezza e privi di verità. Ma non permettete al concetto di relatività di sviarvi al punto d’impedirvi di riconoscere la coordinazione dell’universo sotto la guida della mente cosmica, ed il suo controllo stabilizzato dall’energia e dallo spirito del Supremo.
130:5.1 I viaggiatori avevano un solo scopo recandosi a Creta, ed era quello di distrarsi, di passeggiare per l’isola e di salire in montagna. I Cretesi di quel tempo non godevano di una reputazione invidiabile tra i popoli vicini. Tuttavia Gesù e Ganid condussero molte anime a livelli superiori di pensiero e di vita, e gettarono così le fondamenta per l’immediato accoglimento dei successivi insegnamenti del vangelo quando arrivarono i primi predicatori da Gerusalemme. Gesù amava questi Cretesi, nonostante le aspre parole che Paolo pronunciò più tardi nei loro confronti quando in seguito inviò Tito sull’isola per riorganizzare le loro Chiese[12].
130:5.2 Sulle montagne di Creta, Gesù ebbe il suo primo lungo colloquio con Gonod sulla religione. Il padre fu molto impressionato e disse: “Non c’è da meravigliarsi che il ragazzo creda a tutto ciò che gli dici, ma non sapevo che vi fosse una tale religione a Gerusalemme, e tanto meno a Damasco.” Fu durante il soggiorno sull’isola che Gonod propose per la prima volta a Gesù di ritornare con loro in India, e Ganid fu felicissimo all’idea che Gesù potesse acconsentire a tale proposta.
130:5.3 Un giorno in cui Ganid chiese a Gesù perché non si fosse dedicato al lavoro di educatore pubblico, egli disse: “Figlio mio, ogni cosa deve aspettare che giunga il suo tempo. Tu sei nato nel mondo, ma nessuna somma di ansietà e nessuna manifestazione d’impazienza ti aiuteranno a crescere. In tutte queste cose devi lasciar fare al tempo. Solo il tempo maturerà il frutto verde sull’albero. Le stagioni succedono alle stagioni ed il calare del sole succede al suo levare soltanto con lo scorrere del tempo. Io sono ora sulla via per Roma con te e tuo padre, e ciò è sufficiente per oggi. Il mio domani è interamente nelle mani del mio Padre celeste.” E poi raccontò a Ganid la storia di Mosè e dei suoi quarant’anni di vigilante attesa e di preparazione continua.
130:5.4 Durante una visita ai Bei Porti capitò un fatto che Ganid non dimenticò più; il ricordo di questo episodio risvegliò sempre in lui il desiderio di fare qualcosa per cambiare il sistema di caste nella sua India natia[13]. Un ubriacone degenerato stava aggredendo una giovane schiava sulla pubblica via. Quando Gesù vide l’afflizione della giovane, si precipitò e l’allontanò da quell’aggressore insensato. Mentre la ragazza spaventata si aggrappava a lui, egli tenne l’uomo infuriato a distanza di sicurezza con la forza del suo braccio destro proteso fino a che il miserabile si fu stancato di colpire l’aria con i suoi colpi collerici. Ganid sentì un forte impulso di aiutare Gesù a regolare questa faccenda, ma suo padre glielo impedì. Benché essi non parlassero la lingua della ragazza, costei poteva comprendere il loro atto di misericordia e testimoniò loro la sua profonda riconoscenza mentre tutti e tre la riaccompagnavano a casa. Gesù non fu probabilmente mai così vicino ad uno scontro personale con un suo simile in tutta la sua vita nella carne. Ma ebbe un compito difficile quella sera quando tentò di spiegare a Ganid perché non aveva colpito l’ubriaco. Ganid riteneva che quest’uomo avrebbe dovuto ricevere almeno altrettanti colpi di quelli che aveva dato alla ragazza.
130:6.1 Mentre erano in montagna, Gesù ebbe un lungo colloquio con un giovane uomo che era timoroso e depresso. Lungi dal trovare conforto e coraggio nella compagnia dei suoi simili, questo giovane aveva cercato la solitudine delle montagne; egli era cresciuto con un sentimento d’incapacità e d’inferiorità. Queste tendenze naturali erano state accresciute da numerose circostanze difficili che il giovane aveva incontrato nel crescere, in particolare la perdita di suo padre quando aveva dodici anni. Quando lo incontrarono, Gesù disse: “Salve amico mio! Perché sei così abbattuto in un giorno così bello? Se è accaduto qualcosa che ti affligge forse io posso aiutarti in qualche modo. In ogni caso è un vero piacere per me offrirti i miei servizi.”
130:6.2 Il giovane era poco incline a parlare e così Gesù fece un secondo approccio alla sua anima dicendo: “Io comprendo che tu vieni su queste montagne per star lontano dalla gente; così certamente non desideri parlare con me, ma io vorrei sapere se hai familiarità con queste montagne; conosci la direzione di questi sentieri? E per caso potresti indicarmi la via migliore per Phenix?” Ora questo giovane conosceva molto bene queste montagne, e s’interessò talmente ad indicare a Gesù la via per Phenix che disegnò tutti i sentieri sul terreno e spiegò ogni più piccolo dettaglio. Ma egli si allarmò e s’incuriosì quando Gesù, dopo averlo salutato ed aver fatto per congedarsi, si girò improvvisamente verso di lui dicendo: “So bene che desideri essere lasciato solo con la tua tristezza; ma non sarebbe né gentile né giusto, da parte mia, ricevere un aiuto così generoso da te sul modo migliore di trovare la via per Phenix e poi lasciarti spensieratamente, senza fare il minimo sforzo per rispondere alla tua supplichevole richiesta di aiuto e di guida riguardo alla via migliore da seguire verso lo scopo del destino che cerchi nel tuo cuore mentre stai qui sul fianco della montagna. Come tu conosci bene i sentieri che portano a Phenix, per averli percorsi molte volte, così io conosco bene la via per la città delle tue speranze deluse e delle tue ambizioni ostacolate. E poiché tu mi hai chiamato in aiuto, io non ti deluderò.” Il giovane fu quasi sopraffatto, ma riuscì a balbettare: “Ma — io non ti ho chiesto nulla — .” Allora Gesù, posando delicatamente una mano sulla sua spalla disse: “No, figlio mio, non con le parole ma con sguardi di desiderio hai fatto appello al mio cuore. Ragazzo mio, per colui che ama i suoi simili c’è un appello eloquente all’aiuto nella tua espressione di scoraggiamento e di disperazione. Siediti vicino a me mentre ti parlerò dei sentieri del servizio e delle vie maestre della felicità che conducono dalle afflizioni dell’io alle gioie delle attività amorevoli nella fratellanza degli uomini e nel servizio del Dio che è nei cieli.”
130:6.3 Da questo momento il giovane desiderò vivamente parlare con Gesù, e cadde in ginocchio ai suoi piedi implorando Gesù di aiutarlo, di mostrargli la via per uscire dal suo mondo di dolore e di frustrazione personali. Gesù disse: “Amico mio, alzati! Tieniti eretto come un uomo! Tu puoi essere circondato da nemici meschini ed essere ritardato da molti ostacoli, ma le cose importanti e reali di questo mondo e dell’universo sono dalla tua parte. Il sole si alza ogni mattina per salutare te esattamente come fa per l’uomo più potente e ricco della terra. Guarda — tu hai un corpo robusto e muscoli vigorosi — le tue facoltà fisiche sono superiori alla media. Certamente tutto ciò è quasi inutile finché rimani qui seduto sul fianco della montagna e ti lamenti sulle tue disgrazie, reali ed immaginarie. Ma tu potresti fare grandi cose con il tuo corpo se volessi indirizzarti verso dove le grandi cose aspettano di essere fatte. Tu tenti di fuggire dal tuo io infelice, ma ciò non può essere fatto. Tu ed i tuoi problemi della vita siete reali; non puoi sfuggirli per tutta la vita. Ma guarda ancora, la tua mente è chiara e capace. Il tuo corpo robusto ha una mente intelligente per dirigerlo. Fa lavorare la tua mente per risolvere i suoi problemi; insegna al tuo intelletto a lavorare per te; rifiuta di essere dominato più a lungo dalla paura come un animale senza raziocinio. La tua mente dovrebbe essere il tuo alleato coraggioso nella soluzione dei problemi della tua vita piuttosto che essere, come tu sei stato, il suo miserabile schiavo impaurito ed il suo servo prigioniero dello scoraggiamento e della sconfitta. Ma più prezioso di tutto, il tuo potenziale di realizzazione vera è lo spirito che vive in te e che stimolerà ed ispirerà la tua mente affinché controlli se stessa ed attivi il tuo corpo, se vorrai liberarlo dalle catene della paura e rendere così la tua natura spirituale capace d’iniziare a liberarti dai mali dell’inerzia grazie alla presenza-potere della fede vivente. Ed allora, immediatamente, questa fede vincerà la paura degli uomini con l’irresistibile presenza di quel nuovo ed onnipotente amore per i tuoi simili che riempirà ben presto la tua anima fino a traboccare perché avrai preso coscienza nel tuo cuore di essere un figlio di Dio.
130:6.4 “Oggi, figlio mio, tu devi rinascere, ristabilito come un uomo di fede, di coraggio e consacrato al servizio degli uomini, per amore di Dio. E quando avrai così riordinato la vita in te stesso, ti sarai egualmente rimesso in accordo con l’universo; sarai nato di nuovo — nato dallo spirito — ed ormai tutta la tua vita non sarà che una realizzazione vittoriosa. Le afflizioni ti fortificheranno, le delusioni ti sproneranno, le difficoltà ti sfideranno e gli ostacoli ti stimoleranno. Alzati, giovane uomo! Dì addio alla vita di servile paura e di vile codardia. Torna subito ai tuoi doveri e vivi la tua vita nella carne come un figlio di Dio, come un mortale dedito al servizio nobilitante dell’uomo sulla terra e destinato al superbo ed eterno servizio di Dio nell’eternità.”
130:6.5 E questo giovane, di nome Fortunato, divenne più tardi il capo dei Cristiani a Creta e lo stretto collaboratore di Tito nei suoi sforzi per l’elevazione dei credenti cretesi[14].
130:6.6 I viaggiatori erano veramente freschi e riposati quando un giorno a mezzodì si prepararono a far vela per Cartagine nell’Africa del Nord, fermandosi due giorni a Cirene. Fu qui che Gesù e Ganid diedero le prime cure ad un ragazzo di nome Rufo, che era rimasto ferito per la caduta da un carro trainato da buoi. Essi lo portarono a casa da sua madre, e suo padre, Simone, non immaginò nemmeno lontanamente che l’uomo cui più tardi portò la croce per ordine di un soldato romano fosse lo straniero che aveva un tempo soccorso suo figlio[15].
130:7.1 Durante la maggior parte del tempo della traversata verso Cartagine, Gesù parlò con i suoi compagni di viaggio di questioni sociali, politiche e commerciali; l’argomento religione non fu quasi toccato. Per la prima volta Gonod e Ganid scoprirono che Gesù era un buon narratore e lo tennero impegnato a raccontare delle storie concernenti la sua vita in Galilea. Appresero così che era cresciuto in Galilea e non a Gerusalemme o a Damasco.
130:7.2 Quando Ganid chiese che cosa si dovesse fare per farsi degli amici, avendo notato che la maggior parte delle persone che avevano incontrato era attratta da Gesù, il suo precettore disse: “Interessati dei tuoi simili; impara ad amarli ed osserva il momento favorevole per fare qualcosa per loro che sei sicuro essi desiderano sia fatto”; e poi citò il vecchio proverbio ebreo — “Un uomo che desidera avere degli amici deve anche lui mostrarsi amico.”[16]
130:7.3 A Cartagine Gesù ebbe un lungo e memorabile colloquio con un sacerdote mitraico sull’immortalità, sul tempo e sull’eternità. Questo Persiano era stato educato ad Alessandria e desiderava realmente essere istruito da Gesù. In linguaggio moderno, sostanzialmente Gesù disse in risposta alle sue numerose domande:
130:7.4 Il tempo è la corrente degli avvenimenti temporali che fluiscono, percepiti dalla coscienza delle creature. Il tempo è un nome dato all’ordinamento in successione per mezzo del quale gli avvenimenti sono riconosciuti e separati. L’universo dello spazio è un fenomeno relazionato al tempo quando lo si osserva da una qualunque posizione interna al di fuori della fissa dimora del Paradiso. Il movimento del tempo si rivela solo in rapporto a qualcosa che non si muove nello spazio come un fenomeno temporale. Nell’universo degli universi il Paradiso e le sue Deità trascendono sia il tempo che lo spazio. Sui mondi abitati la personalità umana (abitata ed orientata dallo spirito del Padre del Paradiso) è la sola realtà relazionata al regno fisico che può trascendere la sequenza materiale degli avvenimenti temporali.
130:7.5 Gli animali non hanno il senso del tempo come gli uomini, ed anche all’uomo, a causa della sua visione frammentaria e circoscritta, il tempo appare come una successione di avvenimenti. Ma via via che l’uomo ascende, che progredisce interiormente, la visione allargata di questa processione di avvenimenti è tale da essere percepita sempre di più nel suo insieme. Ciò che precedentemente appariva come una successione di avvenimenti sarà allora visto come un ciclo completo e perfettamente collegato. In tal modo la simultaneità circolare rimpiazzerà sempre di più la precedente coscienza della sequenza lineare degli avvenimenti.
130:7.6 Vi sono sette differenti concezioni dello spazio qual è condizionato dal tempo. Lo spazio è misurato dal tempo, non il tempo dallo spazio. La confusione degli scienziati deriva dalla mancata conoscenza della realtà dello spazio. Lo spazio non è solamente un concetto intellettuale della variazione nel rapporto degli oggetti dell’universo. Lo spazio non è vuoto, e la sola cosa che l’uomo conosce che può anche trascendere parzialmente lo spazio è la mente. La mente può funzionare indipendentemente dal concetto di relazione spaziale degli oggetti materiali. Lo spazio è relativamente e comparativamente finito per tutti gli esseri aventi status di creatura. Più la coscienza si avvicina alla consapevolezza delle sette dimensioni cosmiche, più il concetto di spazio potenziale si avvicina all’ultimità. Ma lo spazio potenziale è veramente ultimo solo sul livello assoluto.
130:7.7 Deve essere evidente che la realtà universale ha un significato in espansione e sempre relativo sui livelli ascendenti e di perfezionamento del cosmo. In fin dei conti i mortali sopravviventi raggiungono l’identità in un universo a sette dimensioni.
130:7.8 Il concetto tempo-spazio di una mente d’origine materiale è destinato a subire delle espansioni successive via via che la personalità cosciente, che lo concepisce, ascende i livelli degli universi. Quando l’uomo raggiunge la mente intermedia tra il piano dell’esistenza materiale e quello spirituale, le sue idee sul tempo-spazio saranno considerevolmente ampliate come qualità di percezione e quantità d’esperienza. Le concezioni cosmiche in espansione di una personalità spirituale in progresso sono dovute all’accrescimento sia della profondità del discernimento che del campo della coscienza. E via via che la personalità si eleva verso l’alto e verso l’interno, fino ai livelli trascendentali della somiglianza con la Deità, il concetto del tempo-spazio si avvicinerà sempre più ai concetti del non tempo e del non spazio degli Assoluti. In senso relativo, ed in accordo con il compimento trascendentale, questi concetti del livello assoluto dovranno essere percepiti dai figli di destino ultimo.
130:8.1 La prima sosta sulla strada per l’Italia fu nell’isola di Malta. Qui Gesù ebbe una lunga conversazione con un giovane depresso e scoraggiato di nome Claudo. Questo giovane aveva pensato di togliersi la vita, ma quando ebbe finito di parlare con lo Scriba di Damasco, disse: “Affronterò la vita da uomo; ho finito di fare il codardo. Ritornerò dalla mia gente e ricomincerò tutto daccapo.” Poco dopo egli divenne un predicatore entusiasta dei Cinici ed ancora più tardi si unì a Pietro nel proclamare il Cristianesimo a Roma e a Napoli, e dopo la morte di Pietro andò in Spagna a predicare il vangelo. Ma egli non seppe mai che l’uomo che l’aveva ispirato a Malta era il Gesù che in seguito egli proclamò il Liberatore del mondo.
130:8.2 A Siracusa essi trascorsero una settimana intera. L’avvenimento più significativo del loro soggiorno qui fu la riabilitazione di Ezra, l’Ebreo ricaduto nel peccato, che conduceva la taverna in cui Gesù ed i suoi compagni sostarono. Ezra fu affascinato dal contatto con Gesù e gli chiese di aiutarlo a ritornare alla fede d’Israele. Egli espresse la sua disperazione dicendo: “Vorrei essere un vero figlio di Abramo, ma non riesco a trovare Dio.” Gesù disse: “Se desideri veramente trovare Dio, questo desiderio è in se stesso la prova che l’hai già trovato[17]. Il tuo problema non è la tua incapacità di trovare Dio, perché il Padre ha già trovato te; il tuo problema è semplicemente che tu non conosci Dio. Non hai letto nel profeta Geremia: ‘Tu mi cercherai e mi troverai quando mi cercherai con tutto il tuo cuore’? Ed ancora, non ha detto questo stesso profeta: ‘Ed io ti darò un cuore per conoscermi, perché io sono il Signore, e tu apparterrai al mio popolo, ed io sarò il tuo Dio’? E non hai anche letto nelle Scritture dove è detto: ‘Egli volge il suo sguardo verso gli uomini, e se qualcuno dirà: ho peccato e pervertito ciò che era retto, e questo non mi ha portato beneficio, allora Dio libererà l’anima di quell’uomo dalle tenebre ed egli vedrà la luce’?” Allora Ezra trovò Dio e la sua anima fu soddisfatta[18]. Più tardi questo Ebreo, assieme ad un ricco proselito greco, costruì la prima chiesa cristiana a Siracusa[19].[20]
130:8.3 A Messina essi si fermarono un solo giorno, ma fu abbastanza per cambiare la vita di un ragazzo, un venditore di frutta, dal quale Gesù comperò della frutta e che di rimando nutrì con il pane della vita. Il ragazzo non dimenticò mai le parole di Gesù e lo sguardo dolce che le accompagnò quando, posando la sua mano sulla spalla del ragazzo, disse: “Addio, ragazzo mio, abbi coraggio mentre cresci fino all’età adulta, e dopo aver nutrito il corpo impara anche come nutrire l’anima. E mio Padre celeste sarà con te e camminerà davanti a te.” Il ragazzo divenne un adepto della religione mitraica e più tardi si convertì alla fede cristiana.
130:8.4 Infine essi giunsero a Napoli e sentirono di non essere lontani dalla loro destinazione, Roma. Gonod aveva molti affari da trattare a Napoli, e all’infuori dei momenti in cui Gesù era richiesto come interprete, lui e Ganid trascorsero il loro tempo libero a visitare e ad esplorare la città. Ganid diveniva esperto nello scoprire coloro che sembravano aver bisogno di aiuto. Essi trovarono molta povertà in questa città e distribuirono numerose elemosine. Ma Ganid non comprese mai il significato delle parole di Gesù quando, dopo che ebbe dato una moneta ad un mendicante per strada, rifiutò di fermarsi a confortare l’uomo. Gesù disse: “Perché sprecare parole con un individuo che non percepisce il significato di ciò che dici? Lo spirito del Padre non può istruire e salvare uno che non ha capacità di filiazione.” Quello che Gesù voleva dire era che l’uomo non aveva una mente normale; che gli mancava la capacità di rispondere alle direttive dello spirito.
130:8.5 Non vi furono esperienze di rilievo a Napoli; Gesù ed il giovane percorsero la città a fondo e distribuirono incoraggiamenti con molti sorrisi a centinaia di uomini, di donne e di bambini.
130:8.6 Da qui essi andarono a Roma passando per Capua, facendo una sosta di tre giorni a Capua. Essi viaggiarono per la Via Appia verso Roma a fianco delle loro bestie da soma, tutti e tre ansiosi di vedere la regina di un impero, la più grande città di tutto il mondo.
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