© 2006 Urantia Foundation
132:0.1 POICHÉ Gonod portava i saluti dei principi dell’India a Tiberio, il sovrano romano, il terzo giorno dopo il loro arrivo a Roma i due Indiani e Gesù si presentarono davanti a lui. Lo scontroso imperatore era eccezionalmente di buon umore quel giorno e chiacchierò a lungo con i tre. Dopo che essi l’ebbero lasciato, l’imperatore, alludendo a Gesù, fece osservare all’aiutante di campo che stava alla sua destra: “Se io avessi il portamento regale e i modi cortesi di quell’uomo sarei un vero imperatore, eh?”
132:0.2 Durante il suo soggiorno a Roma, Ganid ebbe degli orari regolari per lo studio e per le visite ai luoghi interessanti della città. Suo padre aveva molti affari da trattare, e poiché desiderava che crescendo suo figlio divenisse il suo degno successore nella direzione dei suoi vasti interessi commerciali, stimò fosse giunto il momento d’introdurre il giovane nel mondo degli affari. C’erano molti cittadini dell’India a Roma, e spesso uno degli stessi impiegati di Gonod lo accompagnò come interprete, cosicché Gesù ebbe giornate intere a disposizione; ciò gli diede il tempo di familiarizzarsi completamente con questa città di due milioni di abitanti. Egli andava frequentemente al foro, centro della vita politica, giuridica e degli affari. Saliva spesso al Campidoglio e meditava sulla schiavitù ignorante in cui erano tenuti questi Romani mentre contemplava questo magnifico tempio dedicato a Giove, a Giunone e a Minerva. Passava anche molto tempo sul colle Palatino, dove si trovava la residenza dell’imperatore, il tempio di Apollo e le biblioteche greca e latina.
132:0.3 In quest’epoca l’Impero Romano includeva tutta l’Europa meridionale, l’Asia Minore, la Siria, l’Egitto ed il nordovest dell’Africa; ed i suoi abitanti comprendevano cittadini di tutti i paesi dell’emisfero orientale. La ragione principale per la quale Gesù aveva acconsentito a fare questo viaggio era il suo desiderio di studiare questo aggregato cosmopolita di mortali di Urantia e di mescolarvisi.
132:0.4 Gesù imparò molto sugli uomini mentre era a Roma, ma la più preziosa di tutte le molteplici esperienze del suo soggiorno di sei mesi in quella città fu il suo contatto con i capi religiosi della capitale dell’impero e l’influenza che esercitò su di loro. Entro la fine della prima settimana a Roma, Gesù aveva individuato i dirigenti più qualificati dei Cinici, degli Stoici e dei culti dei misteri, in particolare del gruppo mitraico, ed aveva fatto conoscenza con loro. Fosse o meno manifesto a Gesù che gli Ebrei avrebbero respinto la sua missione, egli prevedeva più certamente che i suoi messaggeri sarebbero venuti ben presto a Roma a proclamare il regno dei cieli. Perciò s’impegnò, nella maniera più stupefacente, a preparare la via per il migliore e più sicuro accoglimento del loro messaggio. Egli scelse cinque eminenti Stoici, undici Cinici e sedici dirigenti del culto dei misteri e passò molto del suo tempo libero per quasi sei mesi in stretta associazione con questi insegnanti religiosi. E questo fu il suo metodo d’istruzione: non una sola volta attaccò i loro errori o menzionò i difetti dei loro insegnamenti. In ciascun caso sceglieva la verità in ciò che essi insegnavano e poi procedeva ad abbellire ed a chiarire questa verità nella loro mente in modo tale che in brevissimo tempo questa elevazione della verità scacciava efficacemente l’errore ad essa associato. E così questi uomini e queste donne istruiti da Gesù furono preparati a riconoscere in seguito le verità aggiuntive e similari negli insegnamenti dei primi missionari cristiani. Fu questa pronta accettazione degli insegnamenti dei predicatori del vangelo che diede un così potente impulso alla rapida diffusione del Cristianesimo a Roma e da là in tutto l’impero.
132:0.5 Il significato di questa rimarchevole opera può essere meglio compreso se si tiene presente che di questo gruppo di trentadue capi religiosi istruiti da Gesù a Roma soltanto due non diedero frutti. Gli altri trenta furono di capitale importanza nell’insediamento del Cristianesimo a Roma, ed alcuni di loro aiutarono anche a fare del principale tempio mitraico la prima chiesa cristiana di quella città. Noi che osserviamo le attività umane da dietro le quinte e alla luce di diciannove secoli di tempo, riconosciamo giusto tre fattori di suprema importanza nel periodo iniziale di preparazione per la rapida diffusione del Cristianesimo in Europa, e sono:
132:0.6 1. La scelta ed il mantenimento di Simon Pietro come apostolo[1].
132:0.7 2. Il colloquio a Gerusalemme con Stefano, la cui morte portò a convincere Saul di Tarso[2].
132:0.8 3. La preparazione preliminare di questi trenta Romani per la successiva direzione della nuova religione a Roma ed in tutto l’impero.
132:0.9 Nel corso di tutte le loro esperienze, né Stefano né i trenta selezionati compresero mai che avevano a suo tempo parlato con l’uomo il cui nome era divenuto il soggetto del loro insegnamento religioso. L’opera di Gesù nei confronti dei trentadue che aveva scelto in origine fu interamente personale. Nelle sue attività con questi individui lo Scriba di Damasco non ne riuniva mai più di tre per volta, raramente più di due, mentre più spesso li istruiva singolarmente. Egli poté compiere questa grande opera d’istruzione religiosa perché questi uomini e queste donne non erano prigionieri delle tradizioni; non erano vittime di preconcetti radicati su tutti gli sviluppi religiosi del futuro.
132:0.10 Molte volte nel corso degli anni immediatamente successivi Pietro, Paolo e gli altri insegnanti cristiani di Roma sentirono parlare di questo Scriba di Damasco che li aveva preceduti e che aveva così evidentemente preparato (a loro avviso inconsapevolmente) la via per la loro venuta con il nuovo vangelo. Sebbene Paolo non abbia mai realmente sospettato l’identità di questo Scriba di Damasco, poco tempo prima della sua morte, a causa della somiglianza delle descrizioni della persona, giunse alla conclusione che il “fabbricante di tende di Antiochia” fosse anche lo “Scriba di Damasco”. In un’occasione, mentre predicava a Roma, Simon Pietro, ascoltando una descrizione dello Scriba di Damasco, sospettò che questo individuo potesse essere stato Gesù, ma respinse prontamente questa idea, sapendo benissimo (così egli credeva) che il Maestro non era mai stato a Roma.
132:1.1 Fu con Angamon, il capo degli Stoici, che Gesù ebbe un colloquio di un’intera notte all’inizio del suo soggiorno a Roma. Quest’uomo divenne più tardi un grande amico di Paolo e si rivelò un potente sostegno della Chiesa cristiana a Roma. In sostanza, e riesposto in linguaggio moderno, ecco ciò che Gesù insegnò ad Angamon:
132:1.2 Il criterio dei veri valori deve essere cercato nel mondo spirituale e sui livelli divini della realtà eterna. Per un mortale ascendente tutti i criteri più bassi e materiali devono essere considerati transitori, parziali ed inferiori. Lo scienziato, in quanto tale, è limitato alla scoperta della relazione tra i fatti materiali. Tecnicamente egli non ha diritto di affermare di essere materialista o idealista, perché così facendo ha presunto di abbandonare il comportamento del vero scienziato, poiché tutte queste rivendicazioni di comportamento sono l’essenza stessa della filosofia.
132:1.3 A meno che la percezione morale e la realizzazione spirituale dell’umanità non siano accresciute in proporzione, il progresso illimitato di una cultura puramente materialistica può diventare alla fine una minaccia per la civiltà. Una scienza puramente materialistica nasconde in se stessa il germe potenziale della distruzione di ogni sforzo scientifico, perché un simile comportamento presagisce il crollo finale di una civiltà che ha abbandonato il suo senso dei valori morali ed ha ripudiato la sua meta spirituale di realizzazione.
132:1.4 Gli scienziati materialisti e gli idealisti estremi sono destinati ad essere sempre in disaccordo. Questo non è il caso di quegli scienziati ed idealisti che posseggono un criterio comune di valori morali elevati e di livelli spirituali sperimentati. In tutte le epoche gli scienziati ed i religiosi devono riconoscere che sono sottoposti a giudizio davanti al tribunale dei bisogni umani. Essi devono astenersi dal guerreggiare tra di loro mentre si sforzano validamente di giustificare la loro persistente sopravvivenza per mezzo di una devozione accresciuta al servizio del progresso umano. Se la cosiddetta scienza o la pretesa religione di un’epoca sono false, allora bisogna che purifichino le loro attività o che scompaiano davanti all’emergere di una scienza materiale o di una religione spirituale di un ordine più autentico e più meritorio.
132:2.1 Mardus era il capo riconosciuto dei Cinici di Roma e divenne un grande amico dello Scriba di Damasco. Giorno dopo giorno egli conversava con Gesù e sera dopo sera ascoltava il suo insegnamento superno. Fra le più importanti discussioni con Mardus vi fu quella destinata a rispondere alla domanda di questo Cinico sincero sul bene e sul male. In sostanza, e nel linguaggio del ventesimo secolo, Gesù disse:
132:2.2 Fratello mio, il bene ed il male sono semplicemente delle parole che simbolizzano i livelli relativi della comprensione umana dell’universo osservabile. Se si è eticamente pigri e socialmente indifferenti, si può prendere come criterio del bene gli usi sociali correnti. Se si è spiritualmente indolenti e moralmente non progressivi, si possono prendere come criteri del bene le pratiche e le tradizioni religiose dei propri contemporanei. Ma l’anima che sopravvive al tempo ed emerge nell’eternità deve fare una scelta vivente e personale tra il bene ed il male, quali sono determinati dai veri valori dei criteri spirituali stabiliti dallo spirito divino che il Padre celeste ha mandato ad abitare nel cuore dell’uomo. Questo spirito interiore è il criterio della sopravvivenza della personalità.
132:2.3 La bontà, come la verità, è sempre relativa ed immancabilmente contrastata dal male. È la percezione di queste qualità di bontà e di verità che permette alle anime in evoluzione degli uomini di prendere quelle decisioni di scelte personali che sono essenziali alla sopravvivenza eterna.
132:2.4 L’individuo spiritualmente cieco che segue con logica il dettato scientifico, gli usi sociali e i dogmi religiosi si trova in grande pericolo di sacrificare la sua indipendenza morale e di perdere la sua libertà spirituale. Tale anima è destinata a diventare un pappagallo intellettuale, un automa sociale ed uno schiavo dell’autorità religiosa.
132:2.5 La bontà si eleva sempre verso nuovi livelli d’accresciuta libertà di autorealizzazione morale e di conseguimento di una personalità spirituale — la scoperta dell’Aggiustatore interiore e l’identificazione con lui. Un’esperienza è buona quando aumenta l’apprezzamento della bellezza, accresce la volontà morale, eleva il discernimento della verità, sviluppa la capacità di amare e di servire i propri simili, esalta gli ideali spirituali ed unifica i motivi umani supremi del tempo con i piani eterni dell’Aggiustatore interiore. Tutto ciò conduce direttamente all’accresciuto desiderio di fare la volontà del Padre, favorendo così la passione divina di trovare Dio e di essere più simili a lui.
132:2.6 A mano a mano che salirete la scala universale di sviluppo delle creature, troverete un aumento della bontà ed una diminuzione del male in perfetta armonia con la vostra capacità di sperimentare la bontà e di discernere la verità. L’attitudine a commettere degli errori o a praticare il male non sarà interamente perduta fino a che l’anima umana ascendente non raggiungerà i livelli spirituali ultimi.
132:2.7 La bontà è vivente, relativa, sempre in progresso, invariabilmente un’esperienza personale ed eternamente correlata con il discernimento della verità e della bellezza. La bontà si trova nel riconoscimento dei valori positivi di verità del livello spirituale che deve, nell’esperienza umana, essere contrastato dalla contropartita negativa — le ombre del male potenziale.
132:2.8 Finché non raggiungerete i livelli paradisiaci, la bontà sarà sempre più una ricerca che un possesso, più una meta che un’esperienza di conseguimento. Ma anche quando si ha fame e sete di rettitudine, si prova una crescente soddisfazione nel parziale raggiungimento della bontà. La presenza del bene e del male nel mondo è in se stessa una prova positiva dell’esistenza e della realtà della volontà morale dell’uomo, la personalità, che identifica così questi valori ed è anche capace di scegliere tra di essi.
132:2.9 Nel momento in cui si raggiunge il Paradiso, la capacità del mortale ascendente d’identificare l’io con i veri valori spirituali s’è ampliata al punto da raggiungere la perfezione del possesso della luce della vita[3]. Una tale personalità spirituale perfezionata diviene così completamente, divinamente e spiritualmente unificata con le qualità positive e supreme della bontà, della bellezza e della verità che non sussiste alcuna possibilità per questo spirito retto di proiettare una qualche ombra negativa del male potenziale quando è esposto alla penetrante luminosità della divina luce dei Sovrani infiniti del Paradiso. In tutte queste personalità spirituali la bontà non è più parziale, contrastante e relativa; essa è divenuta divinamente completa e spiritualmente repleta; si avvicina alla purezza e alla perfezione del Supremo.
132:2.10 La possibilità del male è necessaria alla scelta morale, ma non lo è la sua attualità. Un’ombra è solo relativamente reale. Il male attuale non è necessario come esperienza personale. Il male potenziale agisce egualmente bene come stimolo alla decisione nei regni del progresso morale sui livelli inferiori dello sviluppo spirituale. Il male diventa una realtà dell’esperienza personale solo quando una mente morale fa del male la sua scelta.
132:3.1 Nabon era un Ebreo greco ed il più eminente tra i capi del principale culto dei misteri a Roma, quello mitraico. Anche se questo sommo sacerdote del Mitraismo ebbe numerosi incontri con lo Scriba di Damasco, fu più durevolmente influenzato dalla loro discussione sulla verità e la fede che ebbero una sera. Nabon aveva pensato di convertire Gesù e gli aveva anche suggerito di ritornare in Palestina come insegnante mitraico. Egli non realizzava che Gesù lo stesse preparando a diventare uno dei primi convertiti al vangelo del regno. Riesposto in terminologia moderna, la sostanza dell’insegnamento di Gesù fu:
132:3.2 La verità non si può definire con parole, ma soltanto vivendola. La verità è sempre qualcosa di più della conoscenza. La conoscenza concerne le cose osservate, ma la verità trascende questi livelli puramente materiali nel senso che si associa alla saggezza ed ingloba degli imponderabili come l’esperienza umana ed anche le realtà spirituali e viventi. La conoscenza ha origine nella scienza; la saggezza nella vera filosofia; la verità nell’esperienza religiosa della vita spirituale. La conoscenza si occupa dei fatti, la saggezza delle relazioni, la verità dei valori della realtà.
132:3.3 L’uomo tende a cristallizzare la scienza, a formulare la filosofia e a dogmatizzare la verità perché è mentalmente pigro nell’adattarsi alle lotte progressive della vita ed è anche terribilmente timoroso dell’ignoto. L’uomo naturale è lento ad avviare dei cambiamenti nelle proprie abitudini di pensiero e nelle proprie tecniche di vita.
132:3.4 La verità rivelata, la verità scoperta personalmente, è la gioia suprema dell’anima umana; essa è la creazione congiunta della mente materiale e dello spirito interiore. La salvezza eterna di quest’anima che discerne la verità e che ama la bellezza è assicurata da quella fame e sete di bontà che portano questo mortale a sviluppare un’unicità di proposito: quella di fare la volontà del Padre, di trovare Dio e di divenire simile a lui. Non c’è mai conflitto tra la vera conoscenza e la verità. Può esservi conflitto tra la conoscenza e le credenze umane, credenze influenzate dai pregiudizi, deformate dalla paura e dominate dal timore di affrontare dei fatti nuovi di scoperta materiale o di progresso spirituale.
132:3.5 Ma la verità non può mai divenire possesso dell’uomo senza l’esercizio della fede. Ciò è vero perché i pensieri, la saggezza, l’etica e gli ideali dell’uomo non si eleveranno mai più in alto della sua fede, della sua sublime speranza. Ed ogni tale vera fede è basata su una riflessione profonda, un’autocritica sincera ed una coscienza morale intransigente. La fede è l’ispirazione dell’immaginazione creativa permeata dallo spirito.
132:3.6 La fede agisce per liberare le attività superumane della scintilla divina, il germe immortale che vive dentro la mente dell’uomo e che è il potenziale della sopravvivenza eterna. Le piante e gli animali sopravvivono nel tempo mediante la tecnica consistente nel trasmettere da una generazione all’altra delle particelle identiche di se stessi. L’anima umana (la personalità) dell’uomo sopravvive alla morte del corpo grazie all’associazione d’identità con questa scintilla interiore della divinità che è immortale e che funziona per perpetuare la personalità umana su un livello continuo e superiore dell’esistenza universale progressiva. Il seme nascosto dell’anima umana è uno spirito immortale. La seconda generazione dell’anima è la prima di una successione di manifestazioni della personalità nelle esistenze spirituali e progressive, che terminano solo quando questa entità divina raggiunge la sorgente della sua esistenza, la sorgente personale di ogni esistenza, Dio, il Padre Universale.
132:3.7 La vita umana continua — sopravvive — perché ha una funzione nell’universo, il compito di trovare Dio. L’anima dell’uomo attivata dalla fede non può fermarsi prima d’aver raggiunto questa meta del destino; ed una volta che ha raggiunto questa meta divina, essa non può più avere fine perché è divenuta simile a Dio — eterna.
132:3.8 L’evoluzione spirituale è un’esperienza della scelta crescente e volontaria della bontà accompagnata da una diminuzione uguale e progressiva della possibilità del male. Con il raggiungimento della finalità della scelta della bontà e della piena capacità dell’apprezzamento della verità, nasce una perfezione della bellezza e della santità la cui rettitudine inibisce eternamente la possibilità di emergere anche del concetto del male potenziale. Una tale anima che conosce Dio non proietta alcuna ombra di sospetto del male quando funziona su un livello spirituale così elevato di bontà divina.
132:3.9 La presenza dello spirito del Paradiso nella mente dell’uomo costituisce la promessa di rivelazione e l’impegno di fede di un’esistenza eterna di progressione divina per ogni anima che cerca di raggiungere l’identità con questo frammento spirituale immortale ed interiore del Padre Universale.
132:3.10 Il progresso nell’universo è caratterizzato da una libertà crescente della personalità, perché essa è associata al raggiungimento progressivo di livelli sempre più elevati di autocomprensione e di conseguente volontaria autolimitazione. Il raggiungimento della perfezione nell’autolimitazione spirituale equivale al completamento dell’indipendenza nell’universo e della libertà personale. La fede nutre e mantiene l’anima dell’uomo in mezzo alla confusione del suo orientamento iniziale in questo vasto universo, mentre la preghiera diviene la grande unificatrice delle diverse ispirazioni dell’immaginazione creativa e degli impulsi della fede di un’anima che tenta d’identificare se stessa con gli ideali spirituali della divina presenza interiore associata.
132:3.11 Nabon fu grandemente impressionato da queste parole, come lo fu da ciascuno dei suoi colloqui con Gesù. Queste verità continuarono ad ardere nel suo cuore ed egli fu di grande aiuto ai predicatori del vangelo di Gesù che vennero più tardi.
132:4.1 Mentre era a Roma, Gesù non dedicò tutto il suo tempo libero a questo lavoro di preparare gli uomini e le donne a divenire futuri discepoli nel regno futuro. Egli passò molto tempo ad acquisire una conoscenza intima di tutte le razze e classi di uomini che vivevano in questa città, la più grande e la più cosmopolita del mondo. In ciascuno di questi numerosi contatti umani Gesù aveva un duplice proposito: desiderava conoscere le loro reazioni alla vita che essi stavano vivendo nella carne ed aveva anche intenzione di dire o di fare qualcosa per rendere questa vita più ricca e più degna di essere vissuta. I suoi insegnamenti religiosi nel corso di queste settimane non differirono da quelli che caratterizzarono la sua vita successiva come istruttore dei dodici apostoli e predicatore alle moltitudini.
132:4.2 Il tema principale del suo messaggio era sempre: il fatto dell’amore del Padre celeste e la verità della sua misericordia, uniti alla buona novella che l’uomo è figlio per fede di questo stesso Dio d’amore. La tecnica abituale di Gesù nei contatti sociali consisteva nel far parlare la gente e nel portarla a conversare con lui ponendo loro delle domande. La conversazione iniziava generalmente con lui che poneva delle domande a loro e finiva con loro che ponevano delle domande a lui. Egli era ugualmente abile nell’insegnare sia ponendo delle domande che rispondendo ad esse. Di regola, a coloro che istruiva di più diceva di meno. Coloro che traevano maggior beneficio dal suo ministero personale erano dei mortali oppressi, ansiosi e demoralizzati, che trovavano molto sollievo dall’opportunità di alleggerire la loro anima grazie ad un ascoltatore affettuoso e comprensivo, ed egli era tutto questo ed ancora di più. E quando questi esseri umani disadattati avevano parlato con Gesù delle loro afflizioni, egli era sempre in grado di offrire loro delle indicazioni pratiche e d’immediato aiuto per appianare le loro reali difficoltà, senza dimenticare di pronunciare delle parole di pronto conforto e d’immediata consolazione. Ed invariabilmente egli parlava a questi mortali afflitti dell’amore di Dio e, con diversi e svariati metodi, li informava che erano i figli di questo amorevole Padre celeste.
132:4.3 In questo modo, durante il suo soggiorno a Roma, Gesù entrò personalmente in contatto affettuoso e vivificante con più di cinquecento mortali del regno. Egli pervenne in tal modo ad una conoscenza delle differenti razze dell’umanità che non avrebbe mai potuto acquisire a Gerusalemme e nemmeno ad Alessandria. Egli considerò sempre questi sei mesi come uno dei periodi più produttivi ed istruttivi della sua vita terrena.
132:4.4 Come si può immaginare, un uomo talmente versatile ed intraprendente non poteva vivere così per sei mesi nella metropoli del mondo senza essere avvicinato da numerose persone desiderose di assicurarsi i suoi servizi per certi affari o, più spesso, per dei progetti d’insegnamento, di riforme sociali o di movimenti religiosi. Egli ricevette più di una dozzina di tali proposte ed utilizzò ciascuna di esse come un’opportunità per trasmettere dei pensieri di elevazione spirituale con parole accuratamente scelte o mediante un servizio gentile. Gesù amava molto fare qualcosa — anche di poca importanza — per ogni sorta di persone.
132:4.5 Egli parlò con un senatore romano di politica e di governo, e quest’unico contatto con Gesù fece una tale impressione su questo legislatore che passò il resto della sua vita cercando vanamente d’indurre i suoi colleghi a cambiare il corso della politica corrente dall’idea di un governo che sostiene ed alimenta il popolo a quella di un popolo che sostiene il governo. Gesù passò una serata con un ricco proprietario di schiavi; parlò dell’uomo quale figlio di Dio ed il giorno seguente quest’uomo di nome Claudio concesse la libertà a centodiciassette schiavi. Egli andò a cena da un medico greco e gli disse che i suoi pazienti avevano una mente e un’anima oltre al corpo, e portò così questo abile medico a sforzarsi di svolgere un servizio più profondo verso i suoi simili. Egli parlò con ogni sorta di persone di ogni condizione sociale. Il solo posto di Roma che non visitò furono i bagni pubblici. Egli rifiutò di accompagnare i suoi amici ai bagni a causa della promiscuità dei sessi che vi regnava.
132:4.6 Ad un soldato romano, mentre camminavano lungo il Tevere, egli disse: “Sii valoroso di cuore quanto di mano. Abbi il coraggio di fare giustizia e sii grande a sufficienza da mostrare misericordia. Obbliga la tua natura inferiore ad obbedire alla tua natura superiore come tu obbedisci ai tuoi superiori. Riverisci la bontà ed esalta la verità. Scegli il bello al posto del laido. Ama il tuo prossimo e cerca Dio con tutto il tuo cuore, perché Dio è tuo Padre nei cieli.”
132:4.7 Ad un oratore del foro egli disse: “La tua eloquenza è piacevole, la tua logica è ammirevole, la tua voce è gradevole, ma il tuo insegnamento non è conforme alla verità. Se solo tu potessi godere dell’ispirante soddisfazione di conoscere Dio come tuo Padre spirituale, allora potresti impiegare la tua capacità di parola per liberare i tuoi simili dalla servitù delle tenebre e dalla schiavitù dell’ignoranza.” Questo era quel Marco che ascoltò Pietro predicare a Roma e divenne il suo successore[4]. Quando crocifissero Simon Pietro, fu quest’uomo che sfidò i persecutori romani e continuò coraggiosamente a predicare il nuovo vangelo.
132:4.8 Incontrando un pover’uomo che era stato falsamente accusato, Gesù lo accompagnò davanti al magistrato, ed essendogli stato accordato il permesso speciale di comparire in sua vece, fece quel superbo discorso nel quale disse: “La giustizia fa grande una nazione, e più grande è una nazione più sarà preoccupata di fare in modo che l’ingiustizia non colpisca nemmeno il suo cittadino più umile. Guai alla nazione in cui solo coloro che posseggono denaro ed influenza possono ottenere prontamente giustizia davanti ai suoi tribunali! È sacro dovere di un magistrato assolvere l’innocente quanto punire il colpevole. Il perdurare di una nazione dipende dall’imparzialità, dall’equità e dall’integrità dei suoi tribunali. Il governo civile è fondato sulla giustizia, come la vera religione è fondata sulla misericordia.” Il giudice riconsiderò il caso, e dopo aver vagliato le testimonianze liberò l’imputato. Tra tutte le attività di Gesù durante questo periodo di ministero personale, questo avvenimento fu quello più vicino ad una comparizione in pubblico.
132:5.1 Un uomo ricco, cittadino romano e stoico, divenne molto interessato agli insegnamenti di Gesù, al quale era stato presentato da Angamon. Dopo molti colloqui intimi, questo ricco cittadino chiese a Gesù che cosa farebbe con la ricchezza se la possedesse, e Gesù gli rispose: “Dedicherei la ricchezza materiale all’elevazione del livello di vita materiale, come offrirei la mia conoscenza, la mia saggezza ed il mio servizio spirituale per l’arricchimento della vita intellettuale, per la nobilitazione della vita sociale e per il progresso della vita spirituale. Amministrerei la ricchezza materiale come un saggio ed efficiente depositario delle risorse di una generazione per il profitto e la nobilitazione delle generazioni successive.”
132:5.2 Ma l’uomo ricco non fu pienamente soddisfatto dalla risposta di Gesù. Egli si azzardò a chiedere di nuovo: “Ma che cosa pensi che dovrebbe fare un uomo nella mia posizione della sua ricchezza? Dovrebbe conservarla o distribuirla?” E quando Gesù percepì che egli desiderava realmente conoscere meglio la verità sulla sua fedeltà verso Dio e sul suo dovere verso gli uomini, rispose ancora: “Mio buon amico, capisco che tu cerchi sinceramente la saggezza e che ami onestamente la verità; sono dunque disposto ad esporti il mio punto di vista sulla soluzione dei tuoi problemi concernenti le responsabilità della ricchezza. Lo faccio perché tu hai chiesto il mio consiglio, e dandoti questo parere io non mi riferisco alla ricchezza di nessun altro uomo ricco; offro questo consiglio solo a te e per la tua condotta personale. Se tu desideri onestamente considerare la tua ricchezza come un deposito fiduciario, se vuoi realmente divenire un saggio ed efficace gerente della tua ricchezza accumulata, allora ti consiglierei di fare la seguente analisi delle fonti dei tuoi beni: domandati, e fa del tuo meglio per trovare la risposta onesta, da dove proviene questa ricchezza? E per aiutarti nell’analisi delle fonti della tua grande fortuna, ti suggerirei di tenere a mente i seguenti dieci differenti metodi per accumulare ricchezze materiali:
132:5.3 “1. Ricchezza ereditata — ricchezze provenienti da genitori e da altri antenati.
132:5.4 “2. Ricchezza scoperta — ricchezze derivate da risorse non sfruttate della madre terra.
132:5.5 “3. Ricchezza commerciale — ricchezze ottenute come equo profitto nello scambio e nel baratto di beni materiali.
132:5.6 “4. Ricchezza disonesta — ricchezze derivate dallo sfruttamento iniquo o dall’asservimento dei propri simili.
132:5.7 “5. Ricchezza da profitto — reddito derivato dalle possibilità di equo e giusto rendimento del capitale investito.
132:5.8 “6. Ricchezza dovuta al genio — ricchezze provenienti da compensi delle doti creative ed inventive della mente umana.
132:5.9 “7. Ricchezza accidentale — ricchezze derivate dalla generosità dei propri simili o aventi origine dalle circostanze della vita.
132:5.10 “8. Ricchezza rubata — ricchezze ottenute con ingiustizia, disonestà, furto o frode.
132:5.11 “9. Fondi in deposito fiduciario — ricchezza posta nelle tue mani dai tuoi simili per un qualche uso specifico, presente o futuro.
132:5.12 “10. Ricchezza guadagnata — ricchezze derivate direttamente dal tuo lavoro personale, l’equa e giusta remunerazione dei tuoi sforzi quotidiani della mente e del corpo.
132:5.13 “E così, amico mio, se vuoi essere un fedele e giusto gerente della tua grande fortuna, davanti a Dio e al servizio degli uomini, devi dividere approssimativamente la tua ricchezza in queste dieci grandi categorie, e poi procedere ad amministrare ogni porzione conformemente all’interpretazione saggia ed onesta delle leggi di giustizia, di equità, di lealtà e di vera efficacia. Tuttavia, il Dio del cielo non ti condannerà se talvolta ti sbaglierai, in situazioni dubbie, a favore della considerazione misericordiosa e disinteressata per i bisogni delle vittime sofferenti delle circostanze sfortunate della vita mortale. Quando sei in onesto dubbio circa l’equità e la giustizia di certe situazioni materiali, che le tue decisioni favoriscano coloro che sono nel bisogno, favoriscano coloro che soffrono la sfortuna di privazioni immeritate.”
132:5.14 Dopo aver discusso queste materie per parecchie ore, ed in risposta alla richiesta dell’uomo ricco di ulteriori e più dettagliate istruzioni, Gesù ampliò i suoi consigli dicendo in sostanza: “Mentre ti offro nuovi suggerimenti circa il tuo comportamento nei confronti della ricchezza, ti raccomando di ricevere il mio consiglio come dato soltanto a te e per la tua condotta personale. Io parlo solo per me stesso ed a te come ad un amico che m’interroga. Ti supplico di non diventare un suggeritore del modo in cui altri uomini ricchi dovranno considerare la loro ricchezza. Io ti consiglierei:
132:5.15 “1. Come gerente di una ricchezza ereditata dovresti considerare le sue fonti. Tu sei moralmente obbligato a rappresentare la generazione passata nella trasmissione onesta di una ricchezza legittima alle generazioni successive dopo averne dedotto un’equa percentuale a beneficio della generazione presente. Ma non sei obbligato a perpetuare una disonestà o un’ingiustizia implicate nell’accumulo iniquo di una ricchezza da parte dei tuoi antenati. Ciascuna parte della tua ricchezza ereditata che si riveli proveniente da frodi o da ingiustizie, puoi rimborsarla conformemente alle tue convinzioni di giustizia, di generosità e di riparazione. Il resto della tua ricchezza legittimamente ereditata puoi usarlo con equità e trasmetterlo senza timore come amministratore fiduciario di una generazione a favore della seguente. Una saggia discriminazione ed un sano giudizio dovrebbero dettare le tue decisioni circa il lascito di ricchezze ai tuoi successori.
132:5.16 “2. Ogni persona che gode di una ricchezza proveniente da scoperte dovrebbe ricordarsi che ogni individuo può vivere sulla terra solo per un breve periodo e dovrebbe, perciò, prendere adeguate disposizioni per la ripartizione di queste scoperte in modo che siano di utilità al maggior numero possibile di suoi simili. Mentre lo scopritore non dovrebbe vedersi rifiutare ogni ricompensa per gli sforzi della scoperta, non dovrebbe pretendere egoisticamente di arrogarsi tutti i vantaggi ed i benefici derivanti dalla scoperta di risorse accumulate dalla natura.
132:5.17 “3. Fintantoché gli uomini scelgono di condurre gli affari del mondo per mezzo del commercio e dello scambio, hanno il diritto ad un equo e legittimo profitto. Ogni commerciante merita una remunerazione per i suoi servizi; il mercante ha diritto alla sua ricompensa. L’equità del commercio ed il trattamento onesto accordati ai propri simili negli affari organizzati del mondo creano molti differenti tipi di ricchezza da profitto, e tutte queste fonti di ricchezza devono essere giudicate secondo i più alti principi di giustizia, di onestà e di equità. Il commerciante onesto non deve esitare a trarre lo stesso profitto che accorderebbe di buon grado ad un suo simile in una transazione analoga. Mentre questo tipo di ricchezza non è identico al reddito da lavoro individuale quando i rapporti d’affari sono condotti su larga scala, allo stesso tempo tale ricchezza accumulata onestamente conferisce al suo possessore un diritto considerevole di avere voce propria nella successiva distribuzione.
132:5.18 “4. Nessun mortale che conosce Dio e che cerca di fare la volontà divina può abbassarsi ad esercitare delle oppressioni per mezzo della ricchezza. Nessun uomo nobile si sforzerà di accumulare delle ricchezze e di ammassare una potenza finanziaria per mezzo della schiavitù o dello sfruttamento iniquo dei suoi fratelli nella carne. Le ricchezze sono una maledizione morale ed uno stigma spirituale quando sono derivate dal sudore dell’uomo mortale oppresso. Ogni fortuna di tal genere dovrebbe essere restituita a coloro che sono stati in tal modo derubati o ai loro figli e ai figli dei loro figli. Una civiltà durevole non può essere costruita sulla pratica consistente nel defraudare il lavoratore del suo salario.
132:5.19 “5. La ricchezza onesta ha diritto ad un interesse. Fino a quando gli uomini prenderanno a prestito e presteranno può essere riscosso un interesse equo purché il capitale prestato sia una ricchezza legittima. Pulisci il tuo capitale prima di pretendere degli interessi. Non divenire meschino e avido al punto da abbassarti a praticare l’usura. Non permettere mai a te stesso di essere così egoista da impiegare il potere del denaro per acquisire un vantaggio ingiusto sui tuoi simili che si dibattono nelle difficoltà. Non cedere alla tentazione di esigere degli interessi da usuraio da un tuo fratello in difficoltà finanziarie.
132:5.20 “6. Se ti capita di ottenere una ricchezza da colpi di genio, se le tue ricchezze sono derivate dalla ricompensa delle tue doti inventive, non reclamare una porzione ingiusta di questa ricompensa. Il genio è debitore di qualcosa tanto ai suoi antenati che alla sua progenie; allo stesso tempo egli è in obbligo verso la razza, la nazione e le circostanze delle sue scoperte inventive; dovrebbe anche ricordare che è stato come uomo tra gli uomini che ha messo a punto ed effettuato le sue invenzioni. Sarebbe egualmente ingiusto privare il genio di ogni suo incremento di ricchezza. E sarà sempre impossibile per gli uomini stabilire delle leggi e dei regolamenti equamente applicabili a tutti questi problemi di giusta distribuzione della ricchezza. Tu devi in primo luogo riconoscere gli uomini come tuoi fratelli, e se desideri onestamente trattarli come vorresti essere trattato tu, i precetti ordinari di giustizia, di onestà e di equità ti guideranno nella soluzione giusta ed imparziale di tutti i problemi ricorrenti delle remunerazioni economiche e della giustizia sociale.
132:5.21 “7. Salvo che per i compensi giusti e legittimi guadagnati nell’amministrazione dei propri beni, nessun uomo dovrebbe avanzare delle pretese personali sulla ricchezza che il tempo e l’occasione possono aver messo nelle sue mani. Le ricchezze accidentali dovrebbero essere considerate un po’ come un deposito fiduciario da spendere a beneficio del proprio gruppo sociale o economico. I possessori di tale ricchezza dovrebbero avere la voce maggiore nella determinazione della saggia ed efficace distribuzione di queste risorse non guadagnate. Gli uomini civilizzati cesseranno un giorno di considerare tutto quello che controllano come loro proprietà personale e privata.
132:5.22 “8. Se una parte della tua fortuna è stata intenzionalmente derivata da frode, se qualcosa della tua ricchezza è stata accumulata con pratiche disoneste o metodi iniqui, se le tue ricchezze sono il prodotto di comportamenti ingiusti con i tuoi simili, affrettati a restituire tutti questi guadagni malamente acquisiti ai loro legittimi proprietari. Fa piena ammenda e depura così la tua fortuna da tutte le ricchezze disoneste.
132:5.23 “9. La gestione della ricchezza da parte di una persona per conto di altri è una responsabilità solenne e sacra. Non rischiare e non mettere in pericolo questo deposito fiduciario. Prendi per te di ogni deposito solo quello che tutti gli uomini onesti dedurrebbero.
132:5.24 “10. Quella parte della tua fortuna che rappresenta i guadagni dei tuoi sforzi mentali e fisici — se il tuo lavoro è stato fatto con lealtà ed equità — è veramente tua. Nessuno può contestare il tuo diritto di possedere e di utilizzare questa ricchezza come ritieni opportuno, posto che l’esercizio di questo diritto non rechi danno ai tuoi simili.”
132:5.25 Quando Gesù ebbe finito di consigliarlo, questo ricco Romano si alzò dal suo divano ed augurando la buona notte a Gesù gli fece questa promessa: “Mio buon amico, percepisco che sei un uomo di grande saggezza e bontà, e domani comincerò ad amministrare tutti i miei beni conformemente al tuo consiglio.”
132:6.1 Qui a Roma avvenne anche quel toccante episodio in cui il Creatore di un universo trascorse alcune ore per restituire un figlio perduto a sua madre in ansia. Questo fanciullo si era smarrito lontano da casa e Gesù lo trovò che piangeva disperato. Egli e Ganid si stavano recando in biblioteca, ma si occuparono di ricondurre a casa il ragazzo. Ganid non si dimenticò mai il commento di Gesù: “Sai, Ganid, la maggior parte degli esseri umani assomiglia a questo ragazzo smarrito. Essi spendono molto del loro tempo a piangere nel timore e a soffrire nella tristezza quando, in realtà, si trovano a pochissima distanza dalla salvezza e dalla sicurezza, proprio come questo ragazzo era soltanto poco lontano da casa. Tutti coloro che conoscono la via della verità e godono della certezza di conoscere Dio dovrebbero considerare un privilegio, e non un dovere, offrire consiglio ai loro simili nei loro sforzi per trovare le soddisfazioni della vita. Non abbiamo noi provato una gioia suprema nel restituire il ragazzo a sua madre? Allo stesso modo coloro che conducono gli uomini a Dio sperimentano la soddisfazione suprema di servire l’umanità.” Ed a partire da quel giorno e per il resto della sua vita naturale Ganid fu continuamente alla ricerca di figli perduti da ricondurre alle loro case.
132:6.2 Ci fu la vedova con cinque figli il cui marito era stato accidentalmente ucciso. Gesù raccontò a Ganid che anche lui aveva perso suo padre in un incidente, ed essi andarono molte volte a confortare questa madre ed i suoi figli, mentre Ganid chiese del denaro a suo padre per fornire loro viveri e vestiario. Essi non cessarono i loro sforzi prima di aver trovato un impiego per il primogenito in modo che potesse contribuire al mantenimento della famiglia.
132:6.3 Quella sera, mentre ascoltava il racconto di queste esperienze, Gonod disse benevolmente a Gesù: “Io mi propongo di fare di mio figlio uno studioso o un uomo d’affari ed ora tu cominci a farne un filosofo o un filantropo.” E Gesù rispose sorridendo: “Forse faremo di lui tutti e quattro; egli potrà allora godere di una quadrupla soddisfazione nella vita perché il suo orecchio destinato a riconoscere la melodia umana sarà capace di discernere quattro toni invece di uno.” Allora Gonod disse: “Percepisco che sei veramente un filosofo. Devi scrivere un libro per le generazioni future.” E Gesù rispose: “Non un libro — la mia missione è di vivere una vita in questa generazione e per tutte le generazioni. Io — ”ma si fermò, dicendo a Ganid: “Figlio mio, è ora di ritirarci.”
132:7.1 Gesù, Gonod e Ganid fecero cinque viaggi partendo da Roma verso punti interessanti del territorio circostante. Nella loro visita ai laghi dell’Italia del nord, Gesù ebbe un lungo colloquio con Ganid sull’impossibilità d’istruire un uomo su Dio se l’uomo non desidera conoscere Dio. Essi avevano incontrato casualmente un pagano ottuso mentre viaggiavano verso i laghi, e Ganid fu sorpreso dal fatto che Gesù non seguì il suo metodo abituale di coinvolgere l’uomo in una conversazione che avesse portato naturalmente a discutere di questioni spirituali. Quando Ganid chiese al suo precettore perché dimostrasse così poco interesse verso questo pagano, Gesù rispose:
132:7.2 Ganid, l’uomo non aveva fame di verità. Egli non era insoddisfatto di se stesso. Non era pronto a chiedere aiuto e gli occhi della sua mente non erano aperti per ricevere luce per l’anima. Quest’uomo non era maturo per il raccolto della salvezza; gli deve essere concesso più tempo perché le prove e le difficoltà della vita lo preparino a ricevere la saggezza ed una conoscenza superiore. Oppure, se potessimo portarlo a vivere con noi, potremmo mostrargli con il nostro modo di vivere il Padre che è nei cieli, e sarebbe perciò talmente attratto dal nostro vivere come figli di Dio da essere costretto ad informarsi su nostro Padre. Non si può rivelare Dio a coloro che non lo cercano; non si possono condurre delle anime reticenti alle gioie della salvezza. L’uomo deve divenire assetato di verità a seguito delle esperienze della vita, o deve desiderare di conoscere Dio in conseguenza del contatto con la vita di coloro che conoscono il Padre divino prima che un altro essere umano possa agire come intermediario per condurre un tale mortale al Padre celeste. Se noi conosciamo Dio, la nostra vera occupazione sulla terra consiste nel vivere in modo da permettere al Padre di rivelarsi nella nostra vita, e così tutte le persone che cercano Dio vedranno il Padre e chiederanno il nostro aiuto per saperne di più sul Dio che trova in questo modo espressione nella nostra vita.”
132:7.3 Fu in montagna, nel corso della loro visita in Svizzera, che Gesù ebbe con il padre ed il figlio una conversazione di un’intera giornata sul Buddismo. Ganid aveva posto molte volte a Gesù delle domande dirette su Budda, ma aveva sempre ricevuto delle risposte più o meno evasive. Quel giorno, in presenza del figlio, il padre pose a Gesù una domanda diretta su Budda e ricevette una risposta diretta. Gonod disse: “Vorrei realmente sapere che cosa pensi di Budda.” E Gesù rispose:
132:7.4 “Il vostro Budda fu molto meglio del vostro Buddismo. Budda fu un grande uomo ed anche un profeta per il suo popolo, ma fu un profeta orfano; voglio dire con ciò che ben presto egli perse di vista suo Padre spirituale, il Padre celeste. La sua esperienza fu tragica. Egli cercò di vivere e d’insegnare come un messaggero di Dio, ma senza Dio. Budda diresse la sua nave di salvezza verso il porto sicuro, verso l’entrata del porto di salvezza dei mortali, e là, a causa di carte di navigazione sbagliate, la bella nave si arenò. Là è rimasta per numerose generazioni, immobile e quasi irrimediabilmente incagliata. E su questa nave sono rimasti molti dei vostri compatrioti per tutti questi anni. Essi vivono a brevissima distanza dalle acque sicure del porto, ma rifiutano di entrarvi perché la nobile imbarcazione del buon Budda ha avuto la sfortuna di arenarsi appena fuori del porto. Ed i popoli buddisti non entreranno mai in questa rada a meno di abbandonare la nave filosofica del loro profeta e di cogliere il suo nobile spirito. Se il vostro popolo fosse rimasto fedele allo spirito di Budda, voi sareste entrati da molto tempo nel vostro porto della tranquillità dello spirito, del riposo dell’anima e della certezza della salvezza.
132:7.5 “Vedi Gonod, Budda ha conosciuto Dio in spirito, ma non è riuscito a scoprirlo chiaramente nella mente; gli Ebrei hanno scoperto Dio nella mente, ma hanno mancato in larga misura di conoscerlo in spirito. Oggi i Buddisti si dibattono in una filosofia senza Dio, mentre il mio popolo è miseramente schiavo del timore di un Dio senza una filosofia salvifica di vita e di libertà. Voi avete una filosofia senza un Dio; gli Ebrei hanno un Dio, ma sono largamente privi di una filosofia di vita a lui connessa. Non avendo una visione di Dio come spirito e come Padre, Budda non è riuscito a portare nel suo insegnamento l’energia morale e la potenza di guida spirituale che una religione deve possedere se deve cambiare una razza ed elevare una nazione.”
132:7.6 Allora Ganid esclamò: “Maestro, istituiamo tu ed io una nuova religione che sia abbastanza buona per l’India ed abbastanza grande per Roma, e forse potremo proporla agli Ebrei al posto di Yahweh.” E Gesù rispose: “Ganid, le religioni non si fanno. Le religioni degli uomini si sviluppano nel corso di lunghi periodi, mentre le rivelazioni di Dio sfolgorano sulla terra nella vita degli uomini che rivelano Dio ai loro simili.” Ma essi non compresero il significato di queste parole profetiche.
132:7.7 Quella notte, dopo che si furono coricati, Ganid non riuscì a dormire. Egli parlò a lungo con suo padre e alla fine disse: “Sai, padre, talvolta penso che Joshua sia un profeta.” E suo padre rispose soltanto con tono assonnato: “Figlio mio, ce ne sono altri — .”
132:7.8 A partire da questo giorno e per il resto della sua vita naturale Ganid continuò ad elaborare una religione propria. Egli era potentemente stimolato nella sua mente dalla larghezza di vedute, dall’equità e dalla tolleranza di Gesù. In tutte le loro discussioni di filosofia e di religione questo giovane non provò mai sentimenti di rancore o reazioni di antagonismo.
132:7.9 Quale scena, per le intelligenze celesti, contemplare questo spettacolo del ragazzo indiano che propone al Creatore di un universo d’istituire insieme una nuova religione! E benché il giovane non lo sapesse, essi stavano istituendo proprio in quel momento una religione nuova ed eterna — questa nuova via di salvezza, la rivelazione di Dio all’uomo tramite Gesù ed in Gesù. Quello che il ragazzo desiderava maggiormente fare inconsciamente lo stava facendo davvero. Ed è stato, ed è, sempre così. Quello che l’immaginazione umana illuminata e riflessiva, spiritualmente istruita e spontaneamente e disinteressatamente guidata, desidera fare ed essere, diviene proporzionalmente creativo in rapporto al grado di consacrazione del mortale a compiere divinamente la volontà del Padre. Quando l’uomo si associa a Dio, grandi cose possono accadere, ed accadono.